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Su 'Il Giornale Digitale' Antonio Onorato racconta della sua più grande passione: quella per la musica, da sempre sua compagna di vita

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C’è un nesso tra la musica e la vita che ha a che fare con il misticismo.
Questo è quanto emerge da un artista come Antonio Onorato che ha raccontato a’ Il Giornale Digitale della musica, la sua più grande passione, del Jazz, quella disciplina che non è per tutti, e dell’amore per i Paesi Vesuviani, che ti donano una carica vulcanica ineguagliabile.

Chitarrista per passione e per lavoro. Da anni al fianco di Pino Daniele. Ma al di là delle corde e dei palchi, chi è Antonio Onorato?

Antonio: Una persona semplice e che conduce una vita normalissima, come tutti, ma che ha una grande passione per la musica. Vivo per la musica e anche quando non lavoro le miei giornate sono dedicate ad essa. Studio tantissimo, mi esercito molto ogni giorno. È il sacrificio di chi ha una grande passione. Pensa che quando ero piccolo i miei amici mi venivano a chiamare per andare a giocare a pallone e io rispondevo: “Ci vediamo più tardi, vi raggiungo” e intanto rimanevo con la mia chitarra a suonare e a studiare scale e arpeggi che ancora non conoscevo bene.

Originario della provincia di Napoli.
Che rapporto hai con la tua terra?

Antonio: Io amo Torre del Greco. Questi Vesuvuiani sono paesi speciali. Discuto spesso della diversità che c’è tra i musicisti Napoletani e quelli Vesuviani. I musicisti che vengono dai Paesi Vesuviani, infatti, hanno una caratteristica diversa, hanno una parte vulcanica, magmatica, oltre all’influenza del Golfo di Napoli e, quindi, del mare e del suo clima. Noi subiamo anche l’influenza del Vesuvio. Quando ero piccolo, lo faccio ancora oggi a dire il vero, salivo sul Vesuvio per ascoltare quel brusio che ti porta i rumori della città che c’è sotto. È un’esperienza mistica che bisogna provare per poter capire.

Ho sempre vissuto alle pendici del Vesuvio e le persone mi hanno sempre detto: “Tu sei pazzo. Ma come fai, non hai paura? Questa è una polveriera”. Rispondevo che dopo un po’ ci si fa l’abitudine e che, in realtà, il Vesuvio diventa un tuo amico. Un’entità con cui parlare e dalla quale prendere energia.

Socialmente quanto ritieni sia importante la musica?

Antonio: Mi ricordo un’intervista di Carlos Santana nella quale diceva che la musica alla lunga è più potente delle bombe di Bush. La musica è un mezzo potentissimo. Prima di suonare io cerco sempre di captare tutta l’energia per farla fluire attraverso di me e regalarla al pubblico. Quando si va ai concerti bisognerebbe focalizzarsi su questa cosa, bisognerebbe restare concentrati e non distrarsi mai perché in quel momento si sta ricevendo un’energia positiva che è terapeutica. Pubblico e artista diventano un tutt’uno. E questo ci fa ritornare ad una sensazione primordiale, ovvero che noi siamo tutti uno solo. Lo dicevano gli Indiani d’America e se noi capissimo questo concetto, l’umanità progredirebbe molto.

La musica di fatto avvicina le persone. Come ne caso di te e Pino Daniele, è più di 20 anni che lavorate assieme, che rapporto avete?

Antonio: Il rapporto con Pino è un rapporto stupendo, di amicizia e di stima reciproca. Seguo Pino da quando ero un bambino, lui è uno dei miei musicisti preferiti da sempre a livello mondiale. Quando poi ho avuto modo di conoscerlo e poi di collaborare con lui per me è stata la realizzazione di un sogno.

Un concerto che ti ha lasciato un ricordo speciale che hai piacere di condividere con noi?

Antonio: Ce ne sono diversi, ma il concerto che ho fato al Blue Note di New York lo ricorderò per sempre. Il Blu Note è proprio il tempio del jazz, è il club jazz per antonomasia in cui hanno suonato i musicisti jazz più grandi di tutti i tempi come Louis Armstrong. E quando è successo a me di suonare lì è stata una delle emozioni più grandi della mia vita. La serata si chiamava “Jazz made in Naples” e quando mi hanno presentato, con tanto di presentazione all’americana with Antonio Onorato è stata un’emozione unica.

Sei considerato uno dei maggiori esponenti del Jazz. Cosa ti ha fatto decidere di dedicare la tua vita proprio a questo genere di musica?

Antonio: Per me il jazz è stato un approdo naturale. Premetto che amo tutta la musica: il rock, il blues, la musica classica, quella pop se fatta bene. Ma il Jazz mi rispecchia: io sono un po’ un ricercatore e il jazz è quella musica che ti da la possibilità di esprimere quanto hai immagazzinato attraverso la tua ricerca. Conta molto l’improvvisazione. Hai un canovaccio da seguire e attorno a quel canovaccio, sera dopo sera, tu aggiungi delle cose. Non è facile perché presuppone un grande studio e una grande padronanza linguistica. Il Jazz è una sfida continua. Ecco perché o lo si odia o lo si ama: non è per tutti.

Se dovessi, oggi, esprimere un desiderio per il tuo successo professionale, quale sarebbe?

Antonio: I sogni non finiscono mai, se smettiamo di sognare abbiamo finito un po’ di vivere e quindi sì. Io scrivo anche musiche per orchestra, uno dei miei sogni che mi piacerebbe vedere realizzato è una grande tournée nei grandi teatri di Europa con un’orchestra sinfonica che esegue le mie composizioni.

Ci sono nuovi programmi all’orizzonte?

Antonio: Sì, sto scrivendo i brani del mio nuovo disco. Adesso sono in quella fase in cui li scrivo, li lascio lì qualche giorno e poi li rileggo e decido se mi piacciono o no, ma uscirà a breve.

Grazie Antonio, prima di salutarti ti chiedo se c’è qualcosa che vuoi aggiungere?

Antonio: No, direi che abbiamo parlato di cose interessanti e sono contento di quello che ci siamo detti, è emerso – credo – qualcosa che va al di là della professione: la passione, la musica, la vita. Grazie a te.

 

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